Un pomeriggio tranquillo

La prima giocata

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  1. Nestore
     
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    Quel piccolo posto, quel minuscolo cafè colorato, si assortiva veramente male con il resto del quartiere; se da un lato la grande sala era calda, illuminata ed accogliente, fuori invece c'era solo asfalto grigio, erbetta incolta fuoriuscente dai marciapiedi e immondizia gettata alla rinfusa fuori dai cestini. Un matrimonio infelice, quell'idea di non appartenenza, un po' come un portagioie soffocato dal ciarpame di un mobile in disordine.
    Quel locale era stato fondato quindici anni fa da Louis Trapman, un uomo calvo e basso, ma dall'aria gentile.



    [Louis Trapman] Fissai attentamente gli avventori, i soliti noti ed anche i soliti ignoti. Ad un tavolo sedevano due uomini, uno sembrava essere un poliziotto, stavano parlando di qualcosa che sembrava essere molto importante, forse un'indagine, non lo avrei saputo dire; poco sulla destra c'era un ragazzo strano, solo, che fissava il pavimento con insistenza; dall'altra parte invece c'era l'accoppiamento di donne più improbabile che avessi mai visto: una punk sgraziata ed un' elegantona tutta in ghingheri. A dire la verità anche loro sembravano parlare di qualcosa d'importante.
    Guardai i piatti accumularsi sul bancone, dov'era la cameriera?
    Urlai: ”Andrea! Andrea! Pensi che io ti paghi per la tua grande simpatia?! Vieni a portare questi piatti!”[Louis Trapman]



    Nel frattempo, al di sopra del brusio generale del locale, si sentivano le notizie del telegiornale: politica estera, politica interna, le solite cose.







    Ordine di gioco:
    1-Kevin Ryman
    2-Lisbeth Salander
    3-Mikael Bloomkvist
    4-Andrea Hamilton
    5-Martha Shaw
    6-Sid Jenkins
     
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  2. Kevin Ryman
     
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    Ero sicuro di non aver messo piede in quel cafè mai prima d'ora. Tranquillo, ordinato, con il classico gestore attento ai suoi clienti, da cui ne è, di conseguenza, incuriosito. Avevo voglia di cambiare aria, quel giorno. Ero stufo del solito bar di fronte la centrale di polizia in cui, ogni giorno, vedevo le solite facce dei colleghi esausti, insoddisfatti della propria vita, ma al tempo stesso esaltati di ritagliarsi quel piccolo spazio della giornata in cui gongolarsi fuori dalle mura della centrale, o della casa in cui la donna di ogni giorno li aspetta. Come ogni giorno.
    L'iniziativa di cambiare aria la presi con Mikael, l'investigatore pazzoide che lavorava nell'edificio poco distante la centrale. Pazzoide, sì. Ma mi piaceva, quell'uomo. Non faceva mai troppe domande. Poi sapeva impegnarsi nel proprio lavoro, anche se a ritmi incostanti. Più volte mi era sembrato di vederlo sul punto di mollare tutto, svalutando le proprie capacità, quando il giorno prima poteva avermi detto di avere la soluzione a tutto. Anche a come smettere di bere scotch. Forse non è l'alcol il suo problema.
    Presi un sorso del mio caffè, facendo una pausa dal discorso che io e Mikael avevamo intrapreso da più di una mezz'ora, e che da poco stavo portando avanti da solo, per riferire all'investigatore tutte le novità. Poggiai la tazzina nel piattino, e ripresi senza esitazione a parlare:
    "La situazione sta degenerando, e decisamente. La signora anziana del quartiere di Rockwood, che finora ha denunciato svariati furti, l'altro giorno ci ha chiamati di nuovo, e due volte! La prima denunciando la scomparsa di un gioiello particolarmente caro alla famiglia. E la seconda, per dirci che era semplicemente finito sotto il divano! E che si sarebbe scusata per l'ennessima chiamata, davanti ad un cafè che avrebbe preparato a tutta la centrale!"
    Sorrisi incredulo guardando Mikael, riafferrando la tazzina.
    "Quella ci vuol tenere dentro casa il più possibile, ma come darle torto... Arriverà a chiederci di passarci la notte. Roba da matti..."
    Continuai a sorridere scuotendo la testa, mentre riportava la tazzina alle labbra. Nel farlo, mi guardai attorno. Avevo il vizio di non mantenere il contatto visivo con l'interlocutore, poiché avevo l'incessante bisogno di incrociare sguardi che, prima di quell'attimo, erano già stati posati su di me. Notai due ragazze sedute al tavolo, che parlavano tenendo sotto controllo il volume della voce. E che strana accoppiata. Non sapevo chi osservare maggiormente. La bionda era decisamente molto attraente, e lei sapeva di esserlo. Eccome, se si vedeva. L'altra, che non indossava nulla che non fosse di color nero, sembrava non sorridesse da una settimana. O forse di più. Ma si vedeva che sapesse il fatto suo, o per lo più che cercasse di dimostrarsi sicura di sé.
    Poggiai i gomiti sul tavolo, non riuscendo a togliermi quel sorriso divertito dalle tue tipe. Un ragazzo e il suo pc flirtavano da tempo, in un tavolo poco distante. Lui aveva la faccia da perenne due di picche.
     
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  3. Lisbeth.Salander
     
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    "Poi me ne vado in spiaggia" pensai.
    Picchiettavo sonoramente le dita sul casco poggiato sul tavolo, mentre con lo sguardo immaginavo di trapassare il muro del locale
    per raggiungere il punto in cui avevo parcheggiato la mia Honda.
    Si adattava bene al colore dello smog e nulla del quartiere.
    Aveva conosciuto tempi migliori, ma mi aveva scarrozzato in giro per diversi anni. Mi aveva fatta sentire libera e continuava a farlo.
    Mentre mi sembrava di avvertire già sul viso le sferzate del vento, l'odore della salsedine che nella mia testa si stava facendo sempre più intenso finì per miscelarsi a quello del caffé del tavolo vicino.
    Un altro profumo, poco dopo, mi riportò definitivamente in quel buco colorato, lontano dal mio mare.
    Un profumo dolce, sensuale, di femmina.
    Rivolsi il mio sguardo annerito a Martha, la giornalista con quel visino da puttana che mi era seduta di fronte.
    Ne scrutai ogni particolare: il colore degli occhi, le rughe agli angoli degli stessi, la curva perfetta delle sue labbra.
    Era di una bellezza fastidiosa, ipnotica.
    Infilai la mano nella tasca del mio chiodo e presi il tabacco per farmici una sigaretta.
    "Tu fumi?" le chiesi senza proferir parola.
    Spostai l'attenzione alla cartina.
    La rullavo in silenzio.
    Dopo averla chiusa, la misi dietro il mio orecchio.
    "Ho fame" pensai
    "Siamo state troppo in silenzio" alzai un paio di dita in aria, in attesa che la cameriera si accorgesse di me.
    Con il viso rivolto al bancone, rivolsi solo lo sguardo a Martha.
    "Quindi?"
     
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  4. Mikael Bloomkvist
     
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    La settimana era finita, il campionato di football era finito, il mio whisky scozzese era finito e il biondo davanti a me ancora parlava di lavoro.

    Non la conoscevo la sua storia, se avessi dovuto ascoltare la sua versione dei fatti avrei dovuto credere a Babbo Natale ma mi hanno colpito subito la sua veemenza e la sua sagacia. Finalmente avevo un aggancio solido in polizia, sarebbe stata una partnership duratura e di successo... o almeno era quello che speravo, un altro tradimento non l'avrei sopportato.

    "Bla bla bla" era tutto quello che riuscivo a comprendere delle parole di Kevin, questa faccenda dei furti era ancora ingolfata nel mio cervello, non mi dava stimoli, né mi era mai piaciuto parlare di lavoro nei luoghi affollati. D'altronde si inizia sempre dal basso, anche se da solo ne avevo già viste di tutti i colori, ma chissà se dopo una partenza stentorea saremmo potuti arrivare insieme a un "qualcosa che è più grande di noi", un po' come nei film.

    Come ogni volta non sapevo di preciso perché fossi in quel locale anche se mi piaceva, c'era gente variopinta ed era meno ombroso del grigio urbano. "E poi... è meno vuoto di casa mia".

    La tipa punk ammirava spesso il nerd dietro al computer, anzi, ammirava spesso il computer. La roscetta lavorava lì solo il fine settimana sotto lo sguardo severo ma docile di Lou. La donna al tavolo con la punk era vestita come se non avesse capito di essere nel pub del quartiere, aveva sicuramente qualcosa da dire. Tutti sembravano avere il proprio ruolo in un pittoresco scacchiere e tutti sembravano avere una propria peculiarità. "Scoprirò le loro storie, dopo questi cazzo di furti". Deformazione professionale. E non mi dispiaceva.

    "Non farmi rituffare in città socio. Altro giro, offro io!".

    Edited by Mikael Bloomkvist - 18/12/2014, 16:09
     
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  5. Andrea Hamilton
     
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    "Se i guadagni fossero direttamente proporzionali alla tua testa di cazzo, probabilmente saresti milionario già da qualche annetto" fu il primo pensiero che mi passò per la testa.
    "Eccomi scusa, non sono abituata a vedere più di tre clienti alla volta in questo posto, sono spiazzata!" risposi invece affannosamente, forse perchè ad essere crudele con lui ci aveva pensato già madre natura.

    Ebbene si, odiavo quel lavoro, ma non potevo farne economicamente a meno.
    Non era la mole di lavoro a disturbarmi, ne tantomeno giorni o orari; vedere tutta quella spensieratezza, quella serenità, quella normalità tra i clienti, però, era qualcosa che davvero non riuscivo a digerire.
    Pura e semplice invidia.
    Credo fosse perchè la mia vita sociale, oltre quel lavoro, era un perfetto mix di minuti passati al supermercato e minuti passati ad insultare mio padre, che mi cercava solamente per chiedere quanto mancava all'ora di cena.
    "Il suo whisky, signore"
    La morte di mamma fu qualcosa di troppo grande per essere superato semplicemente col tempo, mi aveva tolto forza di volontà e motivazioni, mi aveva chiuso in me stessa. I miei pochi "amici" questo non lo capirono.

    Ma non avevo tempo per le riflessioni esistenziali, avevo tra le mani una cioccolata calda, diventata ormai tiepida, e non so come avrei reagito ad un altro rimprovero..
     
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  6. Martha.Shaw
     
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    Fuori dalla finestra il sole penetrava attraverso una piccola fessura tra le tende, illuminando appena la stanza. Guardai l'orologio appeso sulla parete, era ora di prepararsi benché non ne avessi molta voglia. Provai qualche vestito finché, soddisfatta, chiusi l'armadio e mi avvicinai alla porta di casa e dopo averla chiusa alle mie spalle mi diressi al luogo dell'appuntamento.
    Aprii la porta del locale e al suo interno vi trovai già, seduta ad un tavolino, Lisbeth. Era una ragazza particolare con cui non sempre riuscivo ad intrattenere discorsi prolungati ma finché mi forniva delle interessanti notizie su cui poter lavorare non mi lamentavo.
    Mi avvicinai a lei camminando lentamente dando anche un'occhiata alle persone che stavano popolando il locale in quel momento. Raggiunto il tavolo la ragazza alzò lo sguardo per guardarmi, inarcai le labbra in un sorriso di pura cordialità, spostando poi la sedia e mettendomi comodamente seduta.
    Ci fu qualche attimo di silenzio mentre la osservavo intenta a preparare una sigaretta, silenzio interrotto da una sua che non mi sorprese molto visto quello che stava facendo.
    "Solamente quando me le offrono."
    Risposi rivolgendo poi lo sguardo ai tavolini che ci circondavano, pieni di gente intenta a parlare tra loro.
    "La prossima volta che vengo qui preferirei non doverlo fare per lavoro."
    Pensai un po' seccata, tornando a rivolgere le mie attenzioni alla ragazza davanti a cui ero seduta.
    "Hai qualche notizia interessante che potrei sfruttare per un articolo?"
    La mia domanda fu schietta, senza troppi giri di parole anche se avrei preferito almeno ordinare prima qualcosa, nell'attesa della cameriera però tanto valeva iniziare a saltare i convenevoli. Guardai per qualche secondo il volto di Lisbeth, accavallai le gambe roteando leggermente il busto verso destra e poggiando il mento sul palmo della mano sinistra, in attesa di una sua risposta.
     
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  7. Nestore
     
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    @Martha, cerca di metterci meno a rispondere, una settimana è un po' troppo. Secondo, non descrivere quello che hai fatto prima di arrivare qui, non è un libro, devi giocare come se tu fossi in questa situazione adesso

    [Sid]
    Guardai Andrea muoversi fra i tavoli, non sapevo esattamente se lei mi conoscesse, io però l'avevo vista più volte in facoltà. Già, la facoltà.
    Anni buttati secondo mio padre, veramente buttati per come la prendevo io.
    Guardai ancora il mio pc, venivo continuamente in quel cafè solo per quei due motivi: Andrea e il loro ottimo wi-fi; proprio quando il mio download era quasi completato decisi di alzare il braccio per avere l'attenzione della mia cara cameriera.
    [sid]



    Tutto d'un tratto il telegiornale proruppe distintamente: "Passiamo ora alla cronaca nera: salgono a due i cadaveri ritrovati con evidenti sfregi sul volto, questa volta il corpo appartiene ad Emma Novel, nullatenente che abitava in una casa popolare nella periferia Est della città. Il corpo è stato ritrovato in casa, la morte sembra essere stata causata da numerose coltellate al busto ed al collo. Gli inquirenti iniziano a supporre l'esistenza di un serial killer: oltre infatti alle dinamiche dell'omicidio, molto simili a quelle del disoccupato trentottenne John Monich, in casa di entrambe le vittime è stata trovata una lettera con sopra riportato un simbolo:

    preview


    ma passiamo ora la linea all'esperto...".

    Tutto d'un tratto il cellulare di Kevin Ryman suonò, era la centrale: doveva recarsi immediatamente sul luogo del delitto di Emma Novel, a quanto pare il jolly era toccato a lui.



    [Louis Trapman]
    Avevo appena finito di urlare ad andrea: "beh, se per una volta gli affari vanno bene magari qualcosa potrebbe entrare in tasca anche a te, ingrata!", ma rimasi allibito dalla notizia che sentii arrivare dalla televisione, per un istante tutto parve fermarsi: un serial killer, lì nella mia città, a due passi da casa. La cosa mi turbò profondamente, ero abituato a vedere queste storie nei film o nei libri, ma mai avrei pensato che potesse accadere nel mio mondo.
    [Louis ]
     
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  8. Kevin Ryman
     
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    Senza togliermi quel mio inseparabile sorrisetto dalle labbra, scossi la testa in segno di (finta) disapprovazione per il fatto che Mikael non avesse nemmeno tentato di ascoltare quello che gli avevo appena detto. Non ero di certo stupido, mi ero accorto dalla sua espressione eternamente insoddisfatta che le disavventure di noi uomini della Centrale poco gli importassero, sicuramente preferiva violentare la mente con chissà quali cazzo di problemi. Mi sembrava uno stronzo paranoico. Io avevo fatto il mio lavoro.
    Non mi sorpresi nel sentirlo intenzionato a ribagnarsi le labbra con la sua linfa vitale.
    "Avanti, amico, lo so che devi entrare nella parte dell' investigatore alla ricerca della sanità mentale, ma vacci piano. Dovremmo starcene a parlare e il tuo alito già mi toglie ogni fantasia..."
    Pronunciai le ultime parole sfumando il volume della voce, distratto dall'arrivo della cameriera e dalle imprecazioni del suo capo. Lei anche sembrava stesse imprecando, ma più silenziosamente. Dopo qualche secondo era già sparita, pronta a servire un'invitante cioccolata calda fumante e non mi curai più di lei.
    "E poi non lo reggo bene l'alcol... Non è che vuoi farmi ubriacare e portarmiti a letto?"
    Dissi in tono malizioso mentre guardavo negli occhi l'uomo, afferrando il bicchiere e portandomelo alle labbra, ma senza ancora prendere il primo sorso.
    "Non mi piacciono gli ubriaconi senza grosse aspettative dalla vita."
    Aggiunsi in tono scherzoso, chiaramente divertito nel prenderlo un po' per il culo, ma dentro di me sapevo di aver detto solo verità. Fui distratto nuovamente dalle nostre vicine di tavolo e stavolta indugiai lo sguardo su di loro per qualche secondo, mentre assorto dissi: "Femmine..."
    Tornai a guardare l'investigatore.
    "Magari non è un'infinità di scotch o un affascinante poliziotto strafottente ciò di cui hai bisogno. Ma di una femmina che ti apra le gambe senza troppe premesse. Secondo me la darkettona ti spoglia con gli occhi non appena le racconti le tristezze della tua vita. Andreste d'accordo!"
    Esclamai noncurandomi di abbassare il tono della voce. Anzi, forse volevo farmi sentire. Allontanai il bicchiere dalle labbra per avvicinarlo a quello dell'uomo, in attesa di un memorabile cin-cin tra nuovi soci che solo lontanamente avrebbero potuto combinare qualcosa insieme, con quell'andazzo. Non feci in tempo nemmeno a sfiorare il vetro del bicchiere del mio socio, che qualcosa attirò irrimediabilmente il mio sistema uditivo: il cambio repentino della voce che proveniva dalla tv, unito ad un crescente tono gravoso e affranto, tipico annunciatore di una brutta notizia, sovrastò il brusio del locale che, non appena furono svelate le prime parole di quella notizia dell'ultima ora, cessò totalmente. Ero talmente catturato da quelle parole da smetter quasi di respirare per ascoltare meglio. La mano che teneva ancora il bicchiere divenne gelida, e il battito accelerato del mio cuore era l'unica cosa che riuscivo a sentire oltre la voce della tv.
    Senza troppo stupore, un terzo suono si aggiunse. Il mio telefono squillava e risposi immediatamente, senza neanche dar un'occhiata al display.
    "Agente Kevin Ryman."
    Seguirono attimi di silenzio, in cui venivo avvisato dei fatti che già in minima parte sapevo.
    "Arrivo subito sul luogo. Non ci metterò molto, sono nelle vicinanze. Avvertite del mio arrivo".
    Risposi col tono di chi avesse un'enorme autorità e che la sentisse tutta. Mi alzai immediatamente, tenendo poggiati i palmi delle mani sul tavolo.
    "Bene, socio. Grazie del whiskey. Ora ho un bel po' di lavoro da fare. E tu, farai un altro giro o vuoi venire a ficcanasare?"
    Mi infilai la giacca che metteva in definitiva evidenza il mio mestiere, e afferrai il cappello, tenedolo in mano.
     
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  9. Lisbeth.Salander
     
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    "Chissà da quanti uomini sei circandata, Martha" pensai mentre, con le dita ancora alzate in attesa che la cameriera si accorgesse di me, osservavo senza far finta del contrario il modo in cui le gambe della bella giornalista si incontravano ed incrociavano l'una sull'altra.
    Mi leccai le labbra involontariamente mentre distolsi lo sguardo da lei per sperare di incrociare quello della cameriera. E lo feci più per sfuggire alle occhiate penetranti della mia interlocutrice che per ordinare davvero qualcosa.
    Le battute che probabilmente quel tipo seduto più distante da me stava facendo nei miei confronti, mi lasciavano indifferente.
    Capitava che la gente commentasse il mio modo d'essere.
    Me ne fottevo.
    Mi sistemai il bracciale borchiato sul braccio ancora alzato, forse per sfida o forse per ricordarmi che esser così mi piaceva davvero.
    "Cazzo, vieni qui" dicevo con lo sguardo a quella ragazza che correva da un tavolo all'altro, inseguita dalla voce pedante del suo capo.
    Tornai, sbuffando, a guardare il mio tavolo.
    Aprii la mia tracolla, che avevo lasciato vicino la mia sedia e proprio mentre poggiavo davanti a me il plico di fogli contenenti le informazioni che Martha avrebbe apprezzato, la cronaca del telegiornale mi raggiunse.
    Fissai le mie mani, sta volta poggiate sul tavolo e divennero come lo schermo sul quale si erano consumati quei delitti.
    Ascoltai con attenzione tale da vedermi quei corpi martoriati sotto gli occhi. Automaticamente grattai via dal palmo delle mie mani il sangue immaginario delle vittime di cui nulla sapevo, eccezion fatta per il nome.
    Mi girai di colpo verso la tv, in maniera tanto brusca che la sedia sotto di me non poté far a meno di far sentir la sua disapprovazione stridendo sul pavimento.
    Guardai quel simbolo e lasciai che la mia mente lo costudisse con sé.
    Lo squillo di un telefono interruppe i miei pensieri.
    L'uomo che poco prima sorrideva pieno di boria, rispose al telefono.
    "Kevin Ryman. Che nome del cazzo."
    Cercai di annullare le informazioni che continuavano ad essere presentate durante il servizio, per cercare di ascoltare cosa stessero dicendo quei due.
    Il mio sguardo si perse nel vuoto e finì lungo il pavimento.
    Mi girai di nuovo verso Martha.
    La guardai.
    Guardai i fogli davanti a me. Li stracciai.
    Presi la sigaretta da dietro il mio orecchio e, tenendola tra le labbra, dissi:
    "Vuoi delle informazioni? Prendi il casco. Ti faccio fare un giro."
     
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  10. Mikael Bloomkvist
     
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    Così si che Kevin aveva ottenuto la mia attenzione, ridevo sonoramente a ogni suo strafalcione e, come ogni volta, ho cacciato via ogni pentimento per aver partecipato a quell'appuntamento.

    "Cos'è? In whisky veritas? Lo vedo bene che non sei un gran bevitore, quindi berremo insieme più spesso, mondi magnifici ti attendono. Tu mi trascini negli angoli drammatici della città e io in quelli comici dell'alcol. E non ammiccare, altrimenti la prossima volta acqua liscia, non vorrei che troppe bollicine soffrano di claustrofobia nel tuo cervello!

    A interrompere la sonorità del momento è stata l'irruzione del silenzio. Tutti i nasi erano insù, rivolti verso il piccolo televisore sopra al bancone. Non mi ero accorto immediatamente della gravità della notizia, avvolto nell'ilarità crescente del contesto, finchè ho iniziato a udire le flebili parole dell'inviata del telegiornale. La sensazione è stata come quella di uno starnuto abortito, proprio quando la situazione stava decollando ecco invece il crollo. Un crollo al quale avrei voluto dare personalmente un nome e un cognome... e una condanna. Mi era ignoto chi stesse lavorando sul caso ma niente mi vietava di formulare ipotesi trasversali. Una tragica idea mi è apparsa subito in mente, mentre fissavo con gli occhi socchiusi un'increspatura del legno del tavolo, con due semplici e terrificanti parole: omicida seriale. La seconda vittima, in pochi giorni, con modalità simili, nello stesso quartiere, faceva tutto presagire il peggio.

    "Agente Kevin Ryman... Arrivo subito sul luogo. Non ci metterò molto, sono nelle vicinanze. Avvertite del mio arrivo".

    "Che culo!"

    "Farai un altro giro o vuoi venire a ficcanasare?"

    "Sono entrambi pensieri allettanti, non siamo chissà quante anime in divisa qui ma se hanno chiamato te vuol dire che fino ad ora ci stanno pensando proprio degli incompetenti. Comunque oggi era la nostra giornata, vengo con te, così ti faccio pure un dispetto!"

    Nutrivo simpatia e rispetto per Kevin, oltre che ammirazione professionale, e lui l'aveva sicuramente intuito, per questo ci sfottevamo liberamente ma senza mai esagerare. Ora nel locale tutti sembravano sul piede di partenza, solo in attesa del "bang" dello starter, come se quella notizia avesse reso necessario uno spostamento per poter essere attutita. Era inutile rimanere a bere da solo. "Mica sono veramente un ubriacone, credo".

    Mentre mi alzavo dalla sedia ho portato alla bocca la mano sinistra a conchiglia, fintando uno sbadiglio.

    "Oh oh, mi sa che su una cosa il belli capelli aveva ragione...

    ... forse due".
     
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  11. Andrea Hamilton
     
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    "Chissà dove vanno quei due bei maschioni... Il biondo sembrerebbe un buon antistress contro questa vita priva di soddisfazioni.." Pensai, guardando incuriosita i due clienti che avevano appena pagato in fretta e furia, mentre correvo da un tavolo all'altro.

    "Ragazze andate via? Sicure di non volere niente? Scusate la lunga attesa ma oggi è così!"
    In realtà non era mio interesse, ne tantomeno volevo far ordinare loro qualcosa.
    Ma quel ragazzo lì, che trattava quel computer come fosse un figlio... mi inquietava. Ogni pretesto per perdere tempo ed evitare la sua ordinazione era oro colato.
    Non so perchè, semplici sensazioni. Eppure probabilmente era uno dei tanti scrocconi di Wi-Fi che frequentavano il locale, assolutamente inoffensivo.

    "Accidenti, non posso più evitarlo... spero che quest'impressione si confermi tale e non mi crei ulteriori noie"

    Mi recai da lui con espressione quasi rassegnata.

    "Dimmi tutto, vuoi ordin-..."

    Mi cadde l'occhio sul servizio del telegiornale: parlava di un doppio omicidio e di un potenziale serial killer.
    Un brivido mi scese lungo la schiena come un fulmine a ciel sereno.

    "Oh, madre.."

    Fu una sensazione strana, inspiegabile; non che non avessi mai sentito notizie di cronaca nera...
    Mi sentii come una bambina indifesa contro un pericolo imminente e di dimensioni spropositate. Assurdo.

    Mi ripresi in pochi secondi, cercando di cancellare senza indugi l'espressione inebetita che avevo assunto ascoltando i dettagli della notizia.
    Fortuna volle che anche il ragazzo si era distratto verso il televisore.

    "Dicevamo, ordini qualcosa?"
     
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  12. Martha.Shaw
     
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    Osservai le mani di Lisbeth muoversi in cerca della sua tracolla.
    "Finalmente."
    Sapevo perfettamente che ciò che era contenuto in quella borsa e per me quelle notizie erano probabilmente più essenziali di una dose quotidiana per un drogato, la curiosità di ciò che vi era scritto dentro mi eccitava ancora di più.
    Improvvisamente vidi la ragazza seduta davanti a me bloccarsi, reagirono allo stesso modo quasi tutti i presenti del locale, capii presto il motivo di tale silenzio.
    Al telegiornale stavano trasmettendo la notizia riguardante alcuni recenti omicidi. Rabbrividii. Benché potesse essere dell'ottimo materia per un articolo sapere che il mondo era popolato da persone, se proprio si possono chiamare così, mi faceva venire da vomitare.
    Ascoltando la cronaca assunsi involontariamente un'espressione cupa, quasi infastidita.
    "Nonostante tutto. potrei scriverci un bell'articolo..."
    Sospirai, quasi rassegnata ai fatti ormai accaduti.
    Come per un segno del destino i miei pensieri vennero bloccati dalla voce dell'uomo seduto al tavolo vicino al nostro, mi voltai di scatto verso di lui rimanendo a guardarlo per qualche istante. Un agente, instaurare dei rapporti con qualcuno di quel calibro mi avrebbe fruttato molte più notizie su cui poter scrivere.
    La voce di Lisbeth catturò nuovamente la mia attenzione, tornai a guardarla accennandole un sorriso.
    Si avvicinò a noi la cameriera del locale, con tutta la gente che si trovava li in quel momento non invidiavo affatto il suo lavoro. Non accennai una parola, la guardai semplicemente scuotendo la testa in cenno di dissenso poiché non ero intenzionata a prendere nulla, tornando poi a donare le mie attenzioni a Lisbeth.
    "Se le tue intenzioni sono di portarmi in quel luogo il giro in moto me lo faccio molto volentieri."
    Entusiasta della proposta della donna che avevo davanti mi alzai in piedi voltandomi appena verso lo schienale della sedia su cui ero stata seduta fino a pochi istanti prima, afferrai il cappotto e me lo appogiai su un braccio, mentre con l'altra mano libera afferrai il casco per la moto, in attesa che Lisbeth facesse i primi passi verso l'uscita del locale.

    Edited by Martha.Shaw - 20/1/2015, 23:31
     
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  13. Nestore
     
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    [sid] Rimasi allibito da quello che sentivo al telegiornale, tanto da non rendermi conti di avere Andrea lì vicina a me. Quanndo realizzai il fatto farfugliai qualcosa, nella mia bocca si confuse la richiesta di altro caffè con un commento sul servizio appena passato al telegiornale, così dissi "un caffè orrbile, non trovi?" [/sid]

    Il silenzio si distese per tutto il locale, come una macchia d'olio che si propaga piano piano; intorno si sentivano solo il tintinnare delle posate nei piatti e qualche chiacchiera a mezza bocca fra gli avventori.

    @tutti: Turni come prima

    Edited by Nestore - 22/1/2015, 21:35
     
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  14. Kevin Ryman
     
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    Mentre ero in piedi, ancora in attesa della risposta del mio socio, il suono inconfondibile di carta stracciata catturò la mia attenzione. La dark seduta al tavolo vicino al mio sembrava disfarsi di qualcosa che era, evidentemente, ormai inutile. Erano curiose, quelle due. Sembravano stessero confabulando qualcosa dal primo momento in cui avevano messo piede nel Cafè. L'improvviso movimento delle due ragazze mi incuriosì ulteriormente, dato che fu immediatamente conseguente alla notizia del tg. Mentre le osservavo e tentavo di ascoltare quello che si dicevano, l'investigatore faceva il simpatico, e decisi di voltarmi verso di lui, rivolgendogli un sorriso che mostrava tutto il mio apprezzamento per il fatto che avesse deciso di seguirmi.
    "Anche se non mi sembri proprio in forma, non vorrai vomitare sul cadavere e rendermi il lavoro difficile, vero? Non credo sarà uno bello spettacolo, ti avverto.", dissi in tono giocoso e divertito, vedendolo sbadigliare.
    Precedetti l'uomo e cominciai ad incamminarmi verso l'uscita, con una mano a reggere il cappello e l'altra che finì tra i miei capelli, sistemandomi le lisce ciocche bionde approfittando del riflesso della mia immagine nello specchio accanto la porta. Poggiai il cappello sulla testa tenendo per la visiera, e rimasi in quella posizione per qualche secondo, senza distogliere lo sguardo da quel poliziotto dall'aria fiera e superiore.
    "Arrivederci, signor Trapman!" dissi ad alta voce, come per ridestarmi da una distrazione che ora non potevo concedermi. Mi ritrovai in piedi accanto alla bionda, che sembrava piuttosto esaltata ed impaziente, mentre attendeva la sua amichetta monocromatica. Non ci pensai due volte e aprii la porta facendomi da parte, attendendo che uscissero prima quelle due, mentre rivolgevo loro un sorriso da paraculo.
    "Prego, ragazze. Vedo che avete molta fretta. Se vi siete spaventate per la notizia al Tg, giuro che il mio amico non è il maniaco omicida, anche se ne ha tutto l'aspetto."
    Indicai divertito Mikael, facendo finta di gustarmi nuovamente la sua faccia segnata dalle occhiaie assieme alle ragazze, come fosse la prima volta che la guardavo. Rotto il ghiaccio con quella stronzata, tornai con lo sguardo sulla bionda, dato che era quella da cui più facilmente sembravano trasparire emozioni.
    "Se invece aveste intenzione di ficcanasare da qualche parte, è bene che facciate attenzione. Potreste ritrovarvi ad essere in pericolo o... d'intralcio."
    Guardai intensamente la donna negli occhi, cercando di captare qualsiasi piccola reazione sospetta. Quel viso, inoltre, non mi era nuovo. Ero sicuro di averla vista da qualche parte.
    Sarei uscito dal locale non appena gli altri tre mi avessero preceduto.
     
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  15. Lisbeth.Salander
     
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    "Vestiti e moto non vanno molto d'accordo, sai?"
    Sollevai un po' il mento come ad indicare quel suo outift che stavo sfottendo deliberatamente e lasciandomi sfuggire un mezzo sorriso ben celato dalla sigaretta bloccata tra le labbra.
    Prendendo la tracolla, mi resi conto che anche l'agente e il suo collega stavano per uscire dal locale.
    "Chissà se..."
    A pochi passi dalla porta che l'agente stava tenendo aperta giusto per noi, mi rivolsi a Martha "Vediamo cosa sai fare".

    Prego, ragazze. Vedo che avete molta fretta. Se vi siete spaventate per la notizia al Tg, giuro che il mio amico non è il maniaco omicida, anche se ne ha tutto l'aspetto.

    Mi appoggiai alla porta con la schiena senza curarmi dei due colleghi alle mie spalle.
    Totalmente incurante di loro, mi accesi la sigaretta in attesa che Martha desse il via allo spettacolo.

    Se invece aveste intenzione di ficcanasare da qualche parte, è bene che facciate attenzione. Potreste ritrovarvi ad essere in pericolo o... d'intralcio

    Gustai la sigaretta in silenzio.
    Iniziai a cercare nella tasca le chiavi della moto e, di sottecchi, continuai ad osservare la scena che stava proseguendo a due passi da me.

    "Dai, piccola. Fammi vedere."
     
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